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A Vanniata - I canti del mercato

2025-05-25 06:00

Giada Venticinque

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A Vanniata - I canti del mercato

L’itinerario fotografico si snoda di 24 scatti in bianco e nero e serpeggia tra i mercati storici di Catania e Palermo.

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“Nei mercati siciliani c’è l’anima della gente. C’è il dialetto urlato, il gesto ripetuto da generazioni, il pesce ancora vivo che guizza, i profumi forti. É una forma di teatro quotidiano che non ha bisogno di scenografie. Sono luoghi dove si mescolano tradizione, cultura popolare e sopravvivenza”. Il set compositivo dei mercati storici di Palermo e Catania ha trafitto lo sguardo del fotografo siciliano Gabriele Celsa, che animato da voci, volti e storie ha voluto raccontare per immagini “A vanniata” - i canti del mercato.

 

L’itinerario fotografico si snoda in 24 scatti in bianco e nero e serpeggia tra i mercati storici di Catania e Palermo, due città complici e divergenti, entrambe madri di un popolo strepitante. Passeggiare per le vie più vive della Sicilia significa sentirne i suoni, persuadersi dei suoi colori peculiari e farsi inondare dai gesti voraci dei suoi abitanti. “A vanniata”, detta “abbanniata” a Palermo e “vuciata” a Catania, è lo strepitante linguaggio dei mercanti che annunciano con calorosa passione, l’arrivo del pesce fresco dei banconi.  È insieme un richiamo all’attenzione e esempio di teatralità del vendere, un “modus operandi” che affonda le sue radici nella dominazione araba, tempo in cui l’isola estese il suo commercio al mondo intero.

 

“Sono stato molto influenzato dal momento decisivo di Bresson e dalla brutalità di Letizia Battaglia, nel raffigurare il popolo palermitano. Al tempo stesso da Ferdinando Scianna, fotografo di Bagheria che ha immortalato una Sicilia bella e grottesca, cupa e misteriosa, stagliata in un bianco e nero pazzesco. E poi da William Klein, con gli sguardi dei suoi soggetti che sembravano immortali”. Parole che decantano il desiderio di contaminazione del fotografo palermitano, che nell’arte del suo bianco e nero guarda con ambizione a Francesco Faraci.

 

“Per me la fotografia è sempre stata in bianco e nero” - scrive Gabriele Celsa - “l’approccio alla composizione è completamente diversa dal colore, bisogna concepirla attraverso le luci, le ombre e l’intera scala dei grigi”. Trascendere la vivacità dei colori nei mercati, intimamente vivi e rumorosi, ha rivelato l’essenziale, mettendo a nudo i particolari di un viso, le geometrie del corpo e la sincerità dello sguardo. Ne consegue una certa crudezza dell’immagine che non ha altro modo di esprimersi se non nella verità dell’emozione che trasmette.

 

La mostra fotografica esposta al “CLAFF coffee lab and fusion food”, situato in Via Firenze 233, vede il susseguirsi di scatti “rubati” e momenti di vita vera, inneggiando un tempo “che potrebbe essere oggi ma anche cent’anni fa”. 

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